chi siamo
ANDREA PORPORATI
Regista, scrittore e sceneggiatore
A partire dagli anni ’90 inizia una collaborazione con il regista Gianni Amelio con cui firma la sceneggiatura di Lamerica. Negli anni successivi firma diversi script di successo per il cinema e la tv, ed esordisce alla regia con Sole negli occhi. Nel 2006 dirige Il Dolce e l’Amaro, selezionato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Tra i lavori successivi, Faccia d’Angelo serie per Sky con Elio Germano, e l’ideazione della serie da Il nome della rosa di Umberto Eco.
DANIELE VICARI
Regista e scrittore
Ha diretto tra gli altri Diaz, Non lavate questo sangue, Sole cuore amore, Il passato è una terra straniera, L’orizzonte degli eventi, Velocità massima, ottenendo numerosi riconoscimenti e premi internazionali. È direttore della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté. Emanuele nella battaglia, edito da Einaudi nel 2019, è il suo primo romanzo.
FRANCESCA ZANZA
Produttrice
Dal 2005 al 2011 ha lavorato per la società di produzione indipendente Vivo film, occupandosi dello sviluppo dei progetti e svolgendo il ruolo di produttrice delegata. Dal 2011 al 2019 ho svolto le stesse mansioni per la società di produzione Asmara Films. Nel 2020 è stata selezionata per rappresentare l’Italia nel programma europeo di training e networking destinato ai produttori indipendenti, EAVE (https://eave.org).
Kon–Tiki Film è una società di produzione indipendente con sede a Roma
fondata nel 2020 da Andrea Porporati, Daniele Vicari e Francesca Zanza
Durante il lockdown, girando il lungometraggio di finzione Il giorno e la notte, abbiamo capito che il nostro modo di fare cinema, televisione, spettacolo che fino ad oggi abbiamo praticato, non ci soddisfa più, abbiamo bisogno di un diverso approccio, di una immersione nella materia cinema che pare essersi persa nei meandri di meccanismi, consuetudini, riti di una pratica che può arrivare a negare il senso stesso della parola produzione, che nelle contorsioni di un meccanismo stanco e ripetitivo non riesce a farsi neppure fabbrica o impresa.
Kon-Tiki non potrà risolvere questo immenso problema e non sarà propriamente una “casa di produzione”, per noi sarebbe al tempo stesso troppo e troppo poco.
Senza dubbio sarà “casa”, cioè un luogo che è dimora, rifugio, protezione e contenitore di corpi e di sogni: i nostri e quelli di chi vuole abitarvi assieme a noi.
Ma sarà anche “bottega”, cioè luogo di creazione di oggetti, esperienze, racconti, una bottega galleggiante che se ne va a zonzo nella realtà delle cose.
In questa casa e bottega si fonderanno quindi le componenti che appartengono all’esperienza della rappresentazione: il corpo, il pensiero, lo spazio. Il corpo dell’attore che in quella determinata realtà da forma alla messa in scena scritta, incarnata e filmata nella più assoluta condivisione e libertà d’intenti.
Ecco perché Kon-Tiki vuole muoversi senza forzature, anche abbandonandosi alle correnti ma tenendo ben legati questi tre elementi:
Scrivere
di ciò che ci circonda, che ci assedia, che ci preoccupa, la cosiddetta “realtà”, foriera di conflitti, drammi ed esilaranti esperienze. La realtà così stupidamente rimossa dal nostro stile di vita, dalla nostra ideologia, dagli strumenti di comunicazione che poi presenta il conto all’improvviso, costringendoci a mettere i piedi per terra. Realtà che non esclude il fantastico, l’invenzione, piuttosto invece provoca, amplifica crea a dismisura. Scrivere nella più totale disinibizione oltre ogni schema predefinito.
Recitare
per intima profonda necessità, oltre il mestiere, oltre il proprio ruolo sociale, per l’attore può essere sinonimo di vivere. Recitare riappropriandosi di sé, del proprio istinto, delle proprie pulsioni, del desiderio di non essere ingabbiati, recitare donando la propria vita al pubblico e non solo la propria immagine, per avere restituita l’immensa energia di chi, guardando, si emoziona, vive, partecipa e si riconosce nell’attrice e nell’attore. Recitare per vivere oltre che per sembrare.
Filmare
per non arrendersi all’evidenza, ma per vedere cosa c’è dietro le cose “così come sono”, per scandagliare la realtà, rivelarla nelle sue contraddizioni, renderla in omaggio all’atto di creare sotto gli occhi di guarda, autore o spettatore non fa differenza. Filmare per non arrendersi all’evidenza e alle cause di forza maggiore.